Pignoramento immobiliare

04.04.2020

Come evitare la vendita all'asta?

Tutti nella vita possiamo incontrare dei momenti meno felici, momenti che possono innescare una reazione a catena influendo sul lavoro, sulla salute, sulla vita sentimentale e sulle nostre finanze.

Dal punto di vista finanziario, quando il momento down è molto lungo e profondo, c'è la possibilità di perdere parte rilevante del patrimonio. Le difficoltà maggiori si incontrano quando viene messo in discussione il luogo per eccellenza nel quale ci sentiamo sicuri, la casa.

Cosa possiamo fare nel caso in cui ci trovassimo in questa situazione e la nostra casa fosse sottoposta a pignoramento?

Partiamo dal presupposto che non bisogna demoralizzarsi e restare calmi perché esistono diverse strade percorribili per evitare che l'immobile venga venduto all'asta.

La prima strada percorribile ci viene suggerita dal legislatore all'art. 495 del codice di procedura civile, il quale ha previsto un meccanismo chiamato "conversione del pignoramento" con il quale il debitore può chiedere di sostituire il bene pignorato con una somma di denaro.

La conversione del pignoramento può essere richiesta solo nella fase iniziale dell'esecuzione immobiliare, ovvero prima che venga disposta la vendita o l'assegnazione dell'immobile, tramite istanza da depositare nella cancelleria del Tribunale competente. Congiuntamente all'istanza, deve essere depositata una somma di denaro pari o superiore a 1/6 dell'importo del credito per il quale è stato eseguito il pignoramento. La restante parte da versare può essere rateizzata in 48 mesi su istanza di parte. Durante il periodo di rateizzazione, nel processo non vengono compiuti atti, fatta eccezione della distribuzione parziale del ricavato che avviene generalmente con cadenza semestrale. In questa fase è molto importante che il debitore rispetti i versamenti, perché qualora il debitore ometta o ritardi di oltre 30 giorni il versamento di una rata potrebbe essere dichiarato decaduto dalla "conversione". La decadenza non avviene in modo automatico ma opera solo nell'eventualità in cui il creditore ne faccia espressa richiesta al Giudice. Questo meccanismo è molto utile quando l'immobile viene pignorato per un credito relativamente basso, mentre in tutti gli altri casi è più opportuno procedere ad un accordo stragiudiziale con il creditore.

Con l'accordo si pattuisce una cifra a saldo e stralcio della posizione debitoria che possa soddisfare entrambe le parti. La conclusione dell'accordo giova a tutte le parti perché il creditore riceve una somma di denaro certa nel suo ammontare e spesso in tempi più celeri di quelli dell'esecuzione, mentre il debitore può annullare il proprio debito pagando una somma inferiore rispetto a quanto dovuto. Il creditore, in genere, è sempre ben disposto a contrattare una somma a saldo e stralcio perché dopo aver pignorato l'immobile non conosce quale sarà il prezzo di aggiudicazione all'asta, né ha voce in capitolo sul prezzo di vendita, quindi potrebbe ottenere una soddisfazione di molto inferiore rispetto a quella programmata.

La soluzione del saldo e stralcio risulta interessante anche in ottica di rateizzazione dell'importo; infatti è possibile chiedere la sospensione del processo esecutivo tramite l'istanza prevista all'art. 624 bis CPC, ma lo stesso articolo prevede dei limiti. Per richiedere la sospensione dell'esecuzione gioca un ruolo fondamentale la tempistica, infatti, quest'ultima deve essere richiesta almeno 20 giorni prima della scadenza del termine per il deposito dell'offerta di acquisto, può avere una durata massima di 2 anni e deve essere richiesta da tutti i creditori.

Oltre ai casi sopra visti, l'esecuzione si estingue anticipatamente in tutti quei casi in cui il creditore, procedente o intervenuto, non rispetti le norme previste dal codice. Iniziamo dicendo che il creditore procedente deve rispettare dei termini ben precisi, nei quali deve effettuare una serie di azioni e dare impulso alla procedura. Vediamo quali atti e con quali tempistiche deve agire il creditore per sottoporre ad esecuzione un immobile:

notifica al debitore del titolo esecutivo e del precetto;

notifica del pignoramento immobiliare nell'arco di tempo che va dall'undicesimo al novantesimo giorno della notifica del precetto;

iscrizione a ruolo del pignoramento nel termine di 15 giorni decorrenti dalla restituzione del pignoramento da parte dell'ufficiale giudiziario (soggetto notificante);

deposito istanza di vendita entro 45 giorni dalla notifica del pignoramento (l'istanza di vendita non può essere richiesta prima di 10 giorni dal pignoramento);

deposito della relazione notarile ventennale e l'estratto catastale nei successivi 60 giorni decorrenti dal deposito dell'istanza di vendita;

versamento delle spese per la pubblicazione dell'avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche (art. 631 bis CPC);

presenziare in udienza (art. 631 CPC).

Sussistono tutta una serie di altri oneri che deve rispettare il creditore procedente ma che per brevità non andiamo ad analizzare; solo a titolo esemplificativo si ricorda la riassunzione nei termini di legge in tutti i casi di interruzione del processo esecutivo.

Altra ipotesi di chiusura anticipata del processo esecutivo senza la vendita del bene pignorato si ha nel caso di antieconomicità. Questo concetto è stato inserito nel nostro codice all'art. 164 bis delle disposizioni attuative del cpc dal legislatore nel 2014. L'obiettivo era quello di positivizzare (rendere norma) una prassi che si stava seguendo da tempo nei tribunali e che rappresentava una chiusura atipica dell'esecuzione. Vediamo di cosa si tratta.

Nelle aste immobiliari il prezzo di vendita di banditura diminuisce ogni volta che l'asta non attrae acquirenti e quindi risulta deserta. In particolare dopo che l'asta viene dichiarata deserta, l'immobile viene bandito nuovamente con una diminuzione del prezzo base del 25% rispetto al precedente. Inoltre, viene data la possibilità all'acquirente di presentare offerte di acquisto con un ulteriore ribasso rispetto al prezzo base, ovvero con la decurtazione di un ulteriore 25% (offerta minima). Per questo motivo molto spesso i prezzi di vendita nelle aste immobiliari non rispecchiano minimamente il valore di mercato del bene e il creditore spesso non viene soddisfatto pienamente. Questo meccanismo può generare anche vendite di immobili a prezzi irrisori con il quale, non solo non si soddisfano le pretese creditorie ma si rischia anche di non coprire le spese sostenute dalla procedura. Per questo motivo nel 2014, è intervenuto il legislatore con l'introduzione dell'art. 164 bis nelle disposizioni di attuazione del codice civile, con il quale ha previsto che "quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo".

Il legislatore in pratica ha tipicizzato un caso che spesso si verificava nella realtà, ovvero la vendita del bene a un prezzo che riesce a malapena a coprire le spese della procedura, dunque, si è stabilito normativamente di non proseguire nella vendita poiché lo scopo dell'intero procedimento (la soddisfazione delle pretese creditorie) non può essere ragionevolmente raggiunto.

Secondo la giurisprudenza la ratio della norma non è da ricercare nella tutela del debitore, quanto nel buon andamento della giustizia che deve agire secondo procedure che siano idonee al raggiungimento degli scopi prefissati.

Per concludere sul punto, diciamo che i parametri utili a definire "l'infruttuosità" della procedura e l'applicazione dell'art. 164 bis non sono stati identificati economicamente dal legislatore, il quale ha preferito lasciare un potere discrezionale al Giudice di decidere quando individuare le ipotesi di antieconomicità sulla base del ragionevole soddisfacimento delle pretese creditorie.

Vediamo un altro caso di estinzione anticipata della procedura esecutiva immobiliare. Ci sono delle esecuzioni immobiliari iniziate diversi anni fa e non ancora concluse, in questi casi bisogna tener d'occhio la data di trascrizione del pignoramento.

Facciamo chiarezza sul punto partendo dal presupposto che il pignoramento deve essere annotato nei pubblici registri immobiliari e che la trascrizione, a norma dell'art. 2668 ter, ha una durata limitata a 20 anni. Entro il termine ventennale il creditore procedente o i creditori intervenuti con titolo, possono rinnovare la trascrizione, in caso contrario il pignoramento diventa inefficace.

L'inefficacia della trascrizione del pignoramento impedisce il compimento di qualunque atto esecutivo e di conseguenza, a norma dell'art. 562 CPC, il Giudice dell'esecuzione con ordinanza dispone l'estinzione dell'esecuzione per inattività delle parti ai sensi dell'art. 630 CPC.

La Cassazione (Cass., sez . III, sent. 4571/2016) ha chiarito che la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento nel termine ventennale caduca l'intero processo esecutivo, compreso il pignoramento, restando preclusa la possibilità per il soggetto interessato di rinnovare tardivamente la trascrizione.

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